Conviviale del 10 gennaio 2014
Caffè Defilla - Chiavari
Relatore: Franco CAVAGNARO
Dopo un “apericena”, come si usa dire oggi, presso il Caffè Defilla, il
nostro socio (e past President) Franco Cavagnaro ci ha intrattenuto parlandoci
del gioco del golf, da sempre in gran voga a tutti i livelli nel mondo
anglosassone e ultimamente in ascesa anche in Italia.
In genere si ritiene che il gioco del golf, più o meno così come lo si
pratica oggi, sia stato codificato in Scozia verso la fine del secolo XVIII e,
precisamente, a St. Andrews, ancor oggi considerato il tempio del golf e sede
del board che stabilisce e modifica (con parsimonia tutta scozzese) le regole
del gioco stesso.
Il gioco consiste nel fare entrare una pallina (oggi di resina composita)
in una buca, colpendola con una mazza e dopo un percorso di campagna più o meno
lungo e cosparso di vari ostacoli e trabocchetti.
Il percorso (la “buca” in senso lato) si compone di una piazzola di
partenza piuttosto piana (il “tee”), di una parte intermedia (il “fairway”
caratterizzato da erba tagliata a una certa altezza circondato da una fascia di
erba più alta detta “rough”),che può variare da circa 150 fino a 500 metri
(poco più o poco meno) e da una parte terminale (il “green”), uno spiazzo
dall’erba rasata con molta cura, di dimensioni e inclinazioni variabili e che
contiene al suo interno (non necessariamente nel mezzo) la buca vera e propria
(“hole”) larga circa tre volte il diametro della pallina e indicata da una
bandierina amovibile.
Lungo il percorso possono esserci ostacoli di vario genere: alberi,
cespugli, piccoli corsi d’acqua o anche laghetti e spesso il green è protetto
da grandi avvallamenti sabbiosi (i “bunker”), che ricordano le buche che i
pastori scozzesi, veri inventori del gioco, scavavano, quali ricoveri
estemporanei per proteggere le loro greggi dall’impetuoso vento delle
Highlands.
Le mazze con cui ciascun giocatore affronta il percorso possono essere di
varia foggia e materiali, ma, comunque, non se ne possono portare con sé più di
quattordici.
Ciascuna mazza è composta da un’impugnatura (“grip”), un’asta (un tempo di
legno, poi d’acciaio, ora in fibra di vetro o carbonio: lo “shaft”) e una testa
(un tempo di legno o di ferro ora di lega leggera o acciaio) e viene
identificata a seconda della sua funzione particolare.
La scelta di usare questa o quella mazza in una determinata condizione di
gioco è prerogativa esclusiva del giocatore.
In generale per la partenza dal “tee” si usa la mazza più lunga, con una
grande testa (il “drive”) che serve a lanciare la pallina il più lontano
possibile. Sul “tee” – e solo su quello – il giocatore può sollevare
leggermente la pallina da terra collocandola sulla testa piatta una specie di
grande chiodo (di legno o di plastica e che si chiama a sua volta “tee”), alto
alcuni centimetri, che va piantato nell’area di partenza, delimitata in genere
da sfere colorate.
Per tutto il resto del percorso la pallina deve sempre essere giocata a
terra (dove si trova e come si trova). Qualora non possa materialmente essere
giocata (perché è finita, ad es. in un ostacolo d’acqua, oppure fuori dai
limiti del campo, o non si trova più ecc. ecc. ) allora è consentito proseguire
il gioco con un’altra pallina facendola cadere nel punto più vicino dove possa
essere giocata, compiendo un gesto ben codificato (il “drop”) al “prezzo” di un
colpo di penalità, da aggiungersi a quelli effetivamente compiuti.
Le mazze si distinguono in:
-
“legni”
(perché una volta avevano la testa di legno) e sono quelle con lo “shaft” più
lungo, con inclinazione (“loft”) minima della testa (piuttosto voluminosa) e
servono per imprimere alla pallina traiettorie meno arcuate e quindi per
lanciarle a maggior distanza; di solito sono numerati coi numeri sispari da 1
(il “drive”) a 7
-
“ferri”
(perché una volta avevano la testa in ferro), con inclinazione della testa via
via più accentuata per ottenere traiettorie sempre più arcuate (e tendenzialmente
più precise), ma conseguentemente sempre più corte; di solito numerati coi
numeri (pari e dispari) da 2 a 9, oltre
a quelli speciali per l’approccio al green (il “wedge”), per uscire dal
bunker (il “sand”) e quello che si usa solo ed esclusivamente per giocare la
pallina rasoterra sul green (il “putt”), caratterizzato da una testa a martello
o con foggia apparentemente un po’ bizzarra
Normalmente la partita di golf si articola su 9 o 18 buche, ovvero su 9 o
18 percorsi diversi per lunghezza e caratteristiche. La lunghezza è indicata
dal cosiddetto “par” della buca, che sarebbe il numero (teorico) di colpi con
cui un buon giocatore dovrebbe riuscire a imbucare la pallina.
Le buche di un percorso standard, salvo rarissime eccezioni, possono essere
par 3, 4 o 5.
La somma dei “par” di tutte le buche dà il “par del campo.
I partecipanti ad una gara vengono suddivisi in gruppi (i “flies”) di due,
tre o quattro giocatori, indipendentemente dalla tipologia di gara, individuale
o a squadre.
Il controllo dei colpi di ciascun giocatore è affidato a un altro giocatore
dello stesso fly. Poi c’è un arbitro di campo che interviene su richiesta dei
giocatori per dirimere in tempo reale divergenze di opinioni sul regolamento di
gioco o per reprimere eventuali scorrettezze.
Ci sono tanti modi per contare i punti in una gara di golf; i più comuni
sono:
-
il metodo
“medal” (adottato nelle gare più importanti e dai professionisti), ove il
punteggio è costituito dal numero di colpi effettuati in più o in meno rispetto
al par del campo, quindi può essere sia negativo (migliore) che positivo
(peggiore)
-
il metodo
“stableford” che si adotta nelle gare dei dilettanti, attribuisce un punteggio
in base al numero di colpi effettuati per fare buca secondo apposite tabelle
(meno colpi si effettuano, maggiore è il punteggio). Questo sistema permette di
saltare una buca, qualora ci si impieghino troppi colpi per concluderla, velocizzando
così il gioco.
Franco infine ci ha accennato al concetto di “handicap”.
Teoricamente ciascun giocatore, giocando al meglio delle proprie
possibilità, può battere un campione, perché a ciascun giocatore, in base ai
risultati che ottiene in gara, viene attribuito un handicap, che gli conferisce
un vantaggio (o uno svantaggio) di colpi sull’avversario.
P.es. se io, con handicap 36, affronto un giocatore con handicap 25, avrò
11 colpi di vantaggio su di lui, per cui se concluderò il percorso con soli 10
colpi in più dell’avversario, lo avrò battuto.
Sport bellissimo, gioco da gentlemen, che permette di passare ore
all’aperto in posti generalmente bellissimi, che richiede abilità e molta
concentrazione prolungata nel tempo e che, ormai, si può praticare con un
relativamente modesto esborso economico e, soprattutto, fino ad età avanzata.
Cosa aspettate a provare?