Dopo un “apericena”, come si usa dire oggi, presso il Caffè Defilla, il
nostro socio (e past President) Franco Cavagnaro ci ha intrattenuto parlandoci
del gioco del golf, da sempre in gran voga a tutti i livelli nel mondo
anglosassone e ultimamente in ascesa anche in Italia.
In genere si ritiene che il gioco del golf, più o meno così come lo si
pratica oggi, sia stato codificato in Scozia verso la fine del secolo XVIII e,
precisamente, a St. Andrews, ancor oggi considerato il tempio del golf e sede
del board che stabilisce e modifica (con parsimonia tutta scozzese) le regole
del gioco stesso.
Il gioco consiste nel fare entrare una pallina (oggi di resina composita)
in una buca, colpendola con una mazza e dopo un percorso di campagna più o meno
lungo e cosparso di vari ostacoli e trabocchetti.
Il percorso (la “buca” in senso lato) si compone di una piazzola di
partenza piuttosto piana (il “tee”), di una parte intermedia (il “fairway”
caratterizzato da erba tagliata a una certa altezza circondato da una fascia di
erba più alta detta “rough”),che può variare da circa 150 fino a 500 metri
(poco più o poco meno) e da una parte terminale (il “green”), uno spiazzo
dall’erba rasata con molta cura, di dimensioni e inclinazioni variabili e che
contiene al suo interno (non necessariamente nel mezzo) la buca vera e propria
(“hole”) larga circa tre volte il diametro della pallina e indicata da una
bandierina amovibile.
Lungo il percorso possono esserci ostacoli di vario genere: alberi,
cespugli, piccoli corsi d’acqua o anche laghetti e spesso il green è protetto
da grandi avvallamenti sabbiosi (i “bunker”), che ricordano le buche che i
pastori scozzesi, veri inventori del gioco, scavavano, quali ricoveri
estemporanei per proteggere le loro greggi dall’impetuoso vento delle
Highlands.
Le mazze con cui ciascun giocatore affronta il percorso possono essere di
varia foggia e materiali, ma, comunque, non se ne possono portare con sé più di
quattordici.
Ciascuna mazza è composta da un’impugnatura (“grip”), un’asta (un tempo di
legno, poi d’acciaio, ora in fibra di vetro o carbonio: lo “shaft”) e una testa
(un tempo di legno o di ferro ora di lega leggera o acciaio) e viene
identificata a seconda della sua funzione particolare.
La scelta di usare questa o quella mazza in una determinata condizione di
gioco è prerogativa esclusiva del giocatore.
In generale per la partenza dal “tee” si usa la mazza più lunga, con una
grande testa (il “drive”) che serve a lanciare la pallina il più lontano
possibile. Sul “tee” – e solo su quello – il giocatore può sollevare
leggermente la pallina da terra collocandola sulla testa piatta una specie di
grande chiodo (di legno o di plastica e che si chiama a sua volta “tee”), alto
alcuni centimetri, che va piantato nell’area di partenza, delimitata in genere
da sfere colorate.