Venerdì 28 ottobre 2011 - Ristorante Monte Rosa
Conferenza di: Paolo Della Sala, giornalista
Editorialista
di politica estera per Il Secolo XIX e altre testate giornalistiche come
Liberal, Il Riformista, L'Occidentale. Blogger di Blogosfere, autore di testi
letterari, esperto in policy e public affairs.
Paolo
Della Sala, Sestri Levante, ci ha piacevolmente intrattenuti per circa un’ora
su ciò che sta succedendo nei paesi che si affacciano sul Mediterraneo e sulle
le implicazioni che questi potranno avere sulla politica del nostro paese.
Entrando
nel vivo del tema della serata “Primavera
Araba: fu vera primavera?” , Della Sala ha ricordato che questa cosiddetta
“primavera” è partita dalla protesta di un giovane commerciante tunisino di
Sidi Bou Zid. Questi, nel dicembre del 2010, si era dato fuoco per protestare contro
un sopruso poliziesco che riteneva di aver subito e che gli impediva di continuare ad esercitare la sua attività di
ambulante. Quella fu la scintilla, la classica goccia, che scatenò a macchia di leopardo la ribellione
del popolo tunisino, stanco del governo dittatoriale e corrotto di Ben Ali, da
oltre ventitre anni al potere. In poco più di due mesi la ribellione ebbe il
sopravvento e costrinse Ben Ali e famiglia a fuggire dal Paese.
Sulla
scia di questa sommossa, i popoli di altri paesi arabi si sollevarono. Prima
l’Algeria di Bouflika, poi la Libia di Gheddafi, l’Egitto di Mubarak e infine
la Siria di Assad.
Il termine
“primavera araba” è stato coniato dal mondo giornalistico per definire un auspicio
del mondo occidentale. L’auspicio era quello di assistere alla nascita di popoli
che, conquistata la libertà, si ispirassero al sistema delle democrazie liberiste
occidentali nel darsi una nuova forma di stato e di governo. Sarà così? Una prima risposta in direzione
diversa da quella auspicata l’ha data la Tunisia dove, il 23 ottobre, si sono
svolte le elezioni che hanno visto
dominare con il 42% il partito islamico
Ennhada (Rinascita), leader Rached Ghannouchi, fondato nel 1981 per la
difesa del Corano. Difficilmente si potrà immaginare un regime che non sia
teocratico e contrario al mantenimento di taluni diritti civili conquistati –
per la verità senza troppa fatica – dagli uomini e, soprattutto, dalle donne
tunisine.
Per quanto
riguarda la Libia, prima dei soggetti economici, conviene guardare agli attori
politici del dopo-Gheddafi. La rivolta ha avuto successo soltanto grazie
all'aiuto della Nato e degli arabi (sauditi ed egiziani). Cina e Russia,
rimaste legate ai vecchi regimi, pagheranno le conseguenze. L'alleanza tra
Occidente e sauditi-qatarini (non dimentichiamo il ruolo decisivo di al Jazeera
nelle rivolte arabe) ha la funzione di creare un'area islamica moderata e anti
iraniana. Ciò prevede che il controllo sul mercato degli idrocarburi –
dall’Arabia fino alla Nigeria - vada a
mani più presentabili dei vecchi despoti, i quali in realtà erano
ultranazionalisti per interesse personale, mentre a parole erano degli
splendidi cantori dell'Africa unita e del panarabismo. Nemici di questa visione
in Libia, Tunisia, Sudan etc. sono i Fratelli musulmani e gli alti papaveri
dell'esercito egiziano, che tutelano con i propri gli interessi economici della
maggiore potenza confinante, l'Egitto.
Ma c’è una grande
novità che, stranamente, ha trovato poco spazio sulla stampa . Si tratta della
scoperta di un immenso giacimento di petrolio e di gas nel Mediterraneo
eurabico che vedrà presto una rafforzamento dei legami tra i paesi – Israele,
Cipro e Grecia - che dovranno appropriarsi e difendere questa straordinaria
riserva mondiale di oro nero, seconda solo all’Arabia Saudita. Questo spiega
l’inquietudine e l’irrequietudine politica di Erdogan che non intende vedere il
suo paese, la Turchia, tagliato fuori da questa area di ricchezza e, quindi, di
influenza politica.
E, almeno per quanto riguarda la Libia
e la Tunisia, quale sarà la posizione e il ruolo dell’Italia? Agli occhi delle
potenze – Francia e Inghilterra - che hanno fomentato e che stanno vincendo
questa partita, L'Italia ha
qualche “colpa” da farsi perdonare. Non dimenticheranno che fu l’Italia ad
organizzare il golpe di Gheddafi. Quello era stato orchestrato in un hotel di
Abano Terme, e lo stesso Gheddafi sarebbe stato addestrato in Italia. Fu un
"capolavoro perverso" della nostra strategia filo araba e
filopetrolifera, che ci ha dato molti vantaggi economici, ma molti disastri in
termini politici e di rapporti con gli "alleati". Si veda il nostro
comportamento nella guerra Libia-Ciad, Sigonella, il bombardamento di Gheddafi
da parte di Reagan etc.
Fu anche
l’Italia di Craxi e di Andreotti a permettere a Ben Ali di rovesciare e
sostituire in Tunisia il regime di Bourghiba.
Ma è anche
vero che fu l’Italia a fungere da trait-d’union per il ravvicinamento della Libia
alle stesse potenze occidentali. E poi il suo “opportuno” recente schieramento
accanto alle forze ONU da una parte e i suoi tradizionali buoni rapporti con i
paesi arabi dall’altra, dovrebbero attenuare i rischi di eccessivo
rallentamento dei rapporti economici e conseguenze negative sui contratti
firmati di recente con i precedenti regimi.
Ma, per
concludere, per i popoli arabi fu vera primavera? Se per “primavera” si intende
il sorgere di una nuova stagione politica, certamente lo è. Bisogna poi vedere
se il significato che diamo a questa parola andrà nella stessa direzione di
quella che i diretti interessati hanno già dato o daranno con il loro voto.
Al termine
della conferenza numerose sono state le domande da parte dei soci. il relatore
ha fornito a tutti delle risposte esaurienti. Il Presidente Cappetti ha
ringraziato, consegnato un omaggio e un gagliardetto a Paolo della Sala e
concluso la serata con il classico rintocco della campana.